5.8.04

Mentre accelero oltre il limite locale mi si imprime sulla retina un cartello tabacchi.
Devo averlo visto 20 metri fa.
Retro sulla provinciale. Eccolo.
Parcheggio nel portico a spina di pesce tra due tavolini del bar.
Spengo e guardo il tizio con l’aperol in mano, che scosta una sedia per farmi aprire la portiera, con l’espressione: me la guardi la macchina, grazie.
Entro. Ho 30 secondi morali.
La cassiera è posseduta da un donnino. Il donnino ha dei baffi carichi di significato storico e sotto il suo seno ripara la figlia obesa sui 14. Sta cercando tutti i supplementi di Decoupage-Donna, non ha acquistato i 5 settimanali precedenti perché il marito è in svizzera e non può lasciare la casa vuota che sono entrati gli zingari nell’89 e adesso qualcuno deve stare in casa perché a natale hanno preso un dvd costosissimo e il botolo qui sotto, ornella, ha paura di stare da sola. Giustamente, perché sul giornale si legge che una volta a settimana da queste parti i ladri buttano una granata nella finestra dalla quale fuoriesce gas nervino, e poi trasportare il salotto nell’iveco posteggiato fuori è un attimo.
Il problema si aggrava perché il marito è commerciante di grana padano e sa abbiamo almeno 15 forme in cantina e solo per quelle i ladri potrebbero sfondare la porta.
Siamo in pericolo, ma anche girando per strada, non si sa mai, io con la mia honda jazz faccio un massimo di 80, e poi mi vedo sbucare un mercedes o un bmw che sorpassa in curva e mette a repentaglio le nostre vite, quelle dei ciclisti, dei passanti e dei cani che attraversano la strada.
Mi guarda severa.
Dico: io mi sposto solo con l’autobus.
Lei comincia la casistica dei parenti morti in pullman. Poi esamina i supplementi mancanti, ne manca uno, quello con un copricuscino egiziano gratis.
E il numero 7, quello con dentro due uncinetti, ecco, li vuole in versione nera non beige. dovrà aspettare una settimana ma ne vale la pena.
Mentre decido come dare fuoco alla honda jazz lo vedo.
E’ scritto lì, sulla provincia, in prima pagina.
L’AMORE COMASCO DEL LEADER DEI MUSE.
COMO – Una bella ragazza comasca ha fatto breccia nel cuore del cantante della rock band britannica dei Muse, una tra le più conosciute di questi ultimi tempi. Lei è G** P***, una brunetta ventiquattrenne molto carina, lui è Matthew Bellamy, ventiseienne frontman del gruppo inglese dei Muse
Chiedo un negroni.
Matt Bellamy, l’uomo che mettendo le mani su un pianoforte mi fa lo stesso effetto del tango di al pacino in scent of a woman. Con una molto carina brunetta ventiquattrenne di como.
E’ come vedere Marlon Brando con Katia Noventa.
No, sto esagerando.
Ma Matt Bellamy. Per rimanere cristallizzato nel mio immaginario coreografico doveva essere l’ex di freddy mercury, o stare insieme a una ex-psicopatica norvegese, che nel tempo libero incendia il loro appartamento.
Ma una brunetta con i codini che ha fatto il liceo Gallio no.
Butto il cd in strada. Parto e faccio 200 m.
Poi supero in retro una honda jazz e lo riprendo.

4.8.04

Quando chiami il 190 e due su due centraliniste si addormentano mentre chiedi informazioni cominci a capire che in fondo alle 4 di notte il tuo migliore amico è l’autan.
Ore 19,20 lunedì.
Sms, mittente: mia madre, fino ad ora presunta in sardegna.
“$tiamo arrivando. $iamo a Genova”
il messaggio riecheggia per tutta la brianza.
Mia sorella quando lo riceve è al cinema Excelsior di Chiasso, al primo tempo di Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Si alza in piedi con il braccio alzato e fa fermare la pellicola.
Comunica alla platea che Superfiorella sta facendo ritorno a Casa Madre, tra poche ore.
Tutto Chiasso sfonda le maniglie antipanico, defluisce dalle uscite di sicurezza, compra il cif nel tragitto e va a casa a lustrare i lavandini.
Poi, in tempi ridotti, mia sorella mette insieme una squadra di marines grazie all’appoggio del promesso sposo, cadetto della marina, che agitatissimo chiama i colleghi al cellulare con il cartonato di Harry Potter sottobraccio.
Quando arrivo in casa madre, i due gatti con effettiva barba lunga e mancanza di affetto mi aspettano riottosi alla porta.
Apro. pila in bocca.
una ragnatela mi incarta la faccia.
Quando ripristino la corrente, gli strati di polvere sui divani che per me sarebbero accettabili, non sono accettabili. In cucina 600 occhi provenienti dalle colture di penicillina fiorite spontaneamente mi guardano assetati.
Mentre cammino lascio orme di pulito sui tappeti.
All’esclamazione “cazzo”, i ficus appassiti crollano in terra.
Sento che non ce la faremo mai. Mi accendo una sigaretta.
Tre minuti dopo, 44 chiappette militari entrano in salotto e ricevono una scopa e una bandana SPONTEX a testa.
parte il Repulisti.
Un marine con pattine “marina militare” è piazzato sulla porta a fare la guardia con un mitra.
Mia sorella scandisce i cori con rima baciata. Gira con le pattine “capessa” e alternativamente con i rollerblade per disporre le competenze in più stanze.
Soldato Joker trova nel frigo i miei registri iva.
Gli altri spolverano a novanta con decoro militare. Metto in pausa per un momento la telecamera: sms.
Mittente: superfiorella.
“$iamo quasi a Milano.”
Gli autogrill prospicienti a Milano si illuminano correttamente.
I cassieri che stanno dormendo su pile di philip morris vengono colti da un improvviso prurito e cominciano a passare lo swiffer sui vhs esposti.
L’ammiraglia di mio padre veleggia a testa alta in seconda corsia con la bandierina sul cofano “stiamo tornando a casa”, procedendo intimidatoria.
Oltrepassata la prima area di sosta, l’insegna dell’autogrill di Lodi torna regolarmente UTOGRLL, con qualche lettera spenta, le luci si smorzano un po’, i camerieri rimettono fuori le scamorze scadute.
Si attaccano i festoni di benvenuto.
Il paese esce in mutande a lavare le rispettive utilitarie familiari.
Due contingenti di benvenuto di PastaRito portano teglie di primi; un famoso chef di Parigi commissionato dalla Capessa atterra con il concorde e prepara al momento una scultura di cristallo a lunga conservazione, raffigurante tutto l’albero genealogico della famiglia.
Quando l’ammiraglia supera il cartello del paese, un sonar avverte il radiotrasmettitore del palo. Il marine alla porta spara una scarica con il mitra e tutti gli astanti escono da Casa Madre.
Manovra parcheggio ammiraglia: perfetta.
Io e Capessa siamo all’entrata, schiena dritta petto in fuori.
Un operaio disattento che sta inserendo l’ultima lastra del parquet si alza dal pavimento, Capessa lo vede, gli spara in fronte e butta il cadavere nel tritarifiuti.
Pronti.
Superfiorella entra in trionfo, seguita da marito estenuato con 150 kg di bagagli e ricordiamo una colica renale alle spalle.
Prima di salutare, ispezione superficiale alla casa: sguardo da 6 e mezzo.
Poi si mette a tavola, perlustra la scultura genealogica di cristallo.Dopo dieci minuti ci guarda materna e dice: “si, ma in questa composizione manca la prozia Bernadette e la seconda moglie di zio Fiurin. E io sembro grassa. Portatela indietro.”

2.8.04

Mandare più di tre email di buone vacanze con la gif animata dei granchi che marciano lateralmente davanti agli ombrelloni provoca l’alzheimer