25.5.05

Tabaccaio a me noto. I tre cecchini di Dj Francesco mi salutano calorosi.
Precedenti.
Mesi o anni fa entro precipitosa in difetto intenso di nicotina. Sul megaschermo del bar, Dj Francesco esibisce le sue particolari doti di pezzente, i tre nonni lo fissano compatti.
Dopo 30 secondi di terrore, a uno dei tre cade l’alfa senza filtro dalla bocca.
Il secondo si sposta i coglioni con aria severa. Il terzo proferisce in dialetto comasco “se lo vedo in giro, gli buco il cranio con la mia beretta del 45”
I tre cecchini di Dj Francesco mi offrono il solito bianchino che rifiuto cortesemente. Poi mi offrono un’alfa senza filtro che rifiuto cortesemente. Poi mi offrono un caffè lungo che rifiuto cortesemente. Poi li mando a cagare.
Ridono. Se avessero le gambe di un tempo, loro. Se ritornasse la memoria di una volta, loro. Se avessero la mia età, loro. mi inviterebbero alla balera.
Dagli spogliatoi esce il proprietario del bar con la maglietta del Milan. Non gli dico una parola, mi vede e si mette le mani in faccia.
“non ho le barclay”
Con l’espressione di chi ha appena tirato sotto un passante senza farlo apposta.
Un cecchino offre l’alfa.
Guardo Shevchenko e dico “pessimo” con l’espressione di chi ha appena tirato sotto un passante di proposito.
L’ultima spiaggia barclay è il baracchino vicino alla piazza.
Spengo il motore su un marciapiede davanti al cartello divieto di sosta, transito, movimento, corsa, galoppo. Un ragazzo alto, di colore, il classico tipo che potrebbe trovarti il plesso solare e ucciderti a distanza prende marlboro da dieci. Mentre infilo le monete mi fissa.
Mentre prendo il pacchetto mi fissa. Quando mi giro ha già l’accendino acceso da mezzora.
Bene, grazie.
Tra me e il bmw ci sono 90 kg di spalle da wrestling che cominciano a parlare a garganella.
Do you speak English?
Io: no, solo curdo.
Non gli sembra un problema.
Nel più cavernoso dialetto newyorchese mediato da slang neoconiato, apre il suo curriculum.
-Mi chiamo Charles sono di New York sono a Como per vacanze estive ma soprattutto perché ho dei parenti qui ma mi stanno tutti sul cazzo, la cosa più impressionante dell’italia è che siete tutti magri, tutti sportivi e nessuno rutta in faccia (mia traduzione libera ma discutibile)
Tu però sei la più (parola oscura) che abbia mai incontrato, ho trovato la mia anima gemella non capisci è un segno (omissis ceteris), assomigli a una che non è celine dion ma non mi viene il nome,
Alla parola Celine Dion do segni di irritabilità e nella mia più sorridente espressione psycho gli faccio capire che ho una certa fretta. Devo scappare perché la polizia mi sta inseguendo per un reato da ergastolo.
Non gli sembra un problema.
-Come ti chiami?
Io: Celine.
-Ma Celine non capisci, c’è feeling, ti va di camminare con me per un po’, ti offro un drink, devo poter guardare i tuoi occhi ancora per dieci minuti per capire che non sto sognando.
In questo momento capisco perché gli americani possono comprare una pistola direttamente al bennet, per dare una risposta pronta a questo tipo di frase.
-Allora ti va oppure ti lascio il mio numero. Ti lascio il mio numero, devo vedere che lo scrivi.
Se no non mi fido, hai una penna?
Mai avuta una. Bene Charles, quella è la mia macchina, devo assolutamente andare a fare un genocidio, se mi permetti, vorrei passare.
In questo momento Charles vede la mia macchina. Grosso errore.
Come se non avesse mai visto un bmw nella sua vita, si innamora follemente della macchina. Io passo naturalmente in secondo piano, ormai ha deciso di fidanzarsi con i cerchioni del bmw, che contempla con spiritualità americana.
Sento qualche parola confusa che incita al matrimonio.
Mentre va ad ammirare il posteriore saluto e mi parte la sgommata sulla ghiaia non intenzionale.
Lo vedo dallo specchietto, con le braccia alzate e un dito che indica il cellulare.
E guardando da lontano il suo viso afronewyorchese un po’ amareggiato, immagino che una discussione tra Charles Bukowski e Céline potesse essere di ben altra risma.

12.5.05

Milano ore 18.45
Aspetto un taxi da due sigarette e mezza.
In realtà minuti prima ne avevo intravisto uno che cercava di fare la retro sfruttando il cassone aperto di un camion. Era strettamente evidente che quello fosse il mio taxi.
Si avvicina e butto la mezza. Mi chiama con il nome dell’azienda. Tipo. Scusi, lei è Microsoft?
Sì. -Bene.
Via Tolentino, grazie.
“si signora. Mi scusi, sono al telefono, posso continuare a parlare, le da fastidio?”
No. Basta che ti accorgi che siamo percorrendo un senso vietato da tre minuti.
Da quando ho due punti di patente temo che anche in condizioni di passeggero possano ritirarmi ogni tipo di documento fino alla residenza, e obbligarmi a comprare un’autobianchi.
Lui parla in spagnolo. Considerando che lo spagnolo ha la stessa difficoltà interpretativa di una striscia di Paperino, capisco anche di cosa è morta la sua tartaruga d’acqua.
Di barbera.
Le hanno versato in acqua una bottiglia di barbera.
Poi comincia un’accurata descrizione fisica di me al suo amico you&me, non omettendo paragoni con donne conosciute in argentina, per meglio esemplificare la curva del mio culo.
Senta, potrebbe parlare in un dialetto incomprensibile, grazie. E cerchi di essere più folcloristico sulla dimensione delle mie tette.
Lui gela. Saluta conciso you&me in bergamasco stretto.
Si gira verso di me mentre a dritta cerca di tamponare una fiesta con un sorrisone argentino.
Ma guardi che erano tutti complimenti.
Si, ma guardi la fiesta, e oltretutto stiamo andando dall’altra parte della città.
Il tassista milanese è quello che a un bivio dubbio segue la coda di auto ferme.
Il tassista romano è quello che se sente un’ambulanza a chilometri di distanza va a cercarla e gli si mette in culo, dovunque vada. A Roma non è strano vedere code di tassisti dietro un’ambulanza diretta al Policlinico Gemelli. Così. Per passione.
Comincia la descrizione della sua vita inserendo spezzoni di telenovele argentine e spezzoni della via crucis che danno la giusta carica emotiva alla piattezza dei suoi anni 80. Poi come ogni tassista che si rispetti si mette a raccontare i cazzi degli altri clienti. Nell’elenco non manca mai:
la puttana che si cambia i vestiti nel sedile posteriore
il manager che gli chiede di superare i 180 in tangenziale
la donna che gli confessa fatti scabrosi
il tipo che sa le strade meglio di lui e gli fa da navigatore su scorciatoie che poi si scoprono piste ciclabili, però segnate su tomtomnavigator
E’ evidente che qualche mia caratteristica fisica stimola i logorroici.
La discussione sul pantone metafisico dei mie capelli dura un quarto d’ora.
Quando esco dal taxi propensa a baciare la terraferma, vuole già conoscere i miei genitori.
Gli dico che non c’è problema, ormai siamo fidanzati, e gli lascio il numero di cellulare di Personalità Confusa.