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La mia presenza estetica è stata radicalmente ottimizzata dall’atterraggio nella mia mansarda – anno 2000 – di un orfano felino. Recapitato da un Angelo già fruitore di numero eccessivo animali domestici, scaricato dalla madre del Cui supra perché potenzialmente degente, si presentava in tutti i suoi due etti e mezzo di pelo corvino in un nugolo di cotone urinato e fango.
Nonostante l’accentuata stempiatura, tradotta con dilettantismo in patologia, e la mancanza totale di trazione deambulatoria, dava scuola di eleganza per la mimica cumulativa.
Appena uscito dalla cassetta, aveva già vinto il premio Ceto 2000.
Niente di più coeso col mio tetto e le mie albe.
Risolti elevati dilemmi gastrointestinali dovuti a mancanza di capezzale materno, si adattava al mio orologio biologico e in cambio gli chiedevo solo dei graffi carismatici distribuiti in tutto il corpo.
Il migliore un anno fa, da labbro inferiore a mento, sfumatura fisionomica jessecusteriana. Otto e mezzo.
Ieri l’ultimo, profondità centimetrica, locazione coscia destra, good morning Vietnam.