23.2.05

Milano, ristorante sardo, cena di lavoro.
Prima che togli il cappotto due cameriere ti hanno già portato quattro barracuda in salsa rosa.
Un uomo sulla cinquantina con portamento maître si avvicina con il metro da sarto e ti misura. Altezza+larghezza = capienza.
Dopo i primi cinque minuti in cui hai già mangiato il prodotto interno lordo della Kamchatka, ti accorgi che il signore che ci ha osservato in piedi vestito da maschera della morte di alghero è la lista del menu.
Dottore in estetica gastrica, ti guarda e decide cosa vorrai per cena e quanti galloni di mirto bianco ti meriti.
Capisce anche per quanto tempo ti ha allattato tua madre e quanti negroni fatti male ti sei bevuta nell’anno. Se ti sfiora arriva a capire qual è l’ultima volta in cui hai avuto un orgasmo e in che percentuale diventi sadica nel periodo premestruale.
Il tutto mentre ciucci un’oliva.
Ad alcuni scuote la testa. Ad altri prescrive farmaci.
Poi segna su un foglietto, lo da alla cameriera, la quale grida: ragazzi, andate.
Due sub attraversano il locale con bombole e pinne ed escono, salutandoci.

Lo chef.
Vogliamo tuttora pensare che abbia la pancia posticcia, per allargare la sua credibilità.
E che quando di notte si trasforma in The Punisher se la tolga.
Primo contatto. Il fatto che io – potendo- avrei mangiato solo pane carasau caldo+olio+sale fermandomi alle nove e quindici non gli sembra un grasso complimento.
Secondo. Ci racconta che due clienti, una coppia sui 30, approfittando di fumarsi una sigaretta fuori, è scappata senza pagare. Per un attimo si scorge il volto del Punitore mentre scarica due chili di mustazzolus sul tavolo.Lo vediamo, fuori dal locale con uno squalo in spalla come un asciugamano, gridare vendetta a pugno alzato.
Terzo. Un’ora dopo ci mostra la sua arma da accompagnamento. Un coltello in ossidiana. Piccolo diciamo.
Se guardiamo attentamente la parete destra, c’è la testa di Ghemon impagliata vicino a quella di un cinghialetto. Vicino a Ghemon, il gonfalone della sardegna, l’oroscopo sardo di grazia doneddu, la foto dello Chef alla sagra delle castagne abbracciato alla più grande Papassinas del mondo, la foto dello Chef che con il suo coltello taglia a metà una seat ibiza.
Ci porta il conto. R. paga con la carta di credito.
Mentre stiamo uscendo lo chef ci rincorre. Il pos ha espulso uno scontrino con l’avviso di linea intasata (libera interpretazione da dialetto sardo). Il terrore piomba sui nostri volti e su quelli dei passanti. I gatti si calano nei tombini.
Il fatto che quell’avviso fosse arrivato dopo 20 minuti dal pagamento e che fosse un avviso generico e insolito, non sono elementi validi: la sua timida opinione è che stiamo scappando senza pagare.
Il primo istinto è regalargli il nostri portafogli e aspettare un proiettile in bocca.
Poi Mariateresa ruzzittu gli dice Caro, sagasosudigosuntintrobardadi.
Allora diventa un agnellino, ci saluta calorosamente e rientra con il sorrisone.
Mi sono fatta mandare il fax di avvenuto saldo per evitare di far montare i velux 2.1 parabellum.