4.10.04

Locale di Milano sovraffollato. Serata Universitaria.
Sono lì non per gradimento e non per frequentazione accademica, nonostante l’università cattolica di milano sia ancora convinta di allevarmi e mi mandi le sue Impercettibili rate annualmente.
Supervisionare un evento promozionale fagocitata da 2000 persone dai 23 in giù ti fa capire che l’adolescenza suda. Gronda sulle magliette di londsdale e sotto le coppole tweed.
E si struscia viscida dimostrando la sua discendenza anfibia o il ricordo a breve termine del grembo materno.
Salgo nella zona riservata anziani incustoditi.
Il primo semi dottore esce dallo stagno e viene verso di me, determinato.
“ciao. Assomigli a julianne moore (punto esclamativo)”
“ciao. Assomigli a Amadeus.”
Ma lo prende come complimento.
“vuoi un po’? se non ti fa schifo puoi bere dalla mia cannuccia”
Pausa.
Si chiama la cannuccia colera.
Nelle serate universitarie i locali si organizzano per avere un’unica cannuccia che passa prima dalle studentesse mononucleotiche a casa con gli spasmi, e poi al bar.
La cannuccia colera è riconoscibile perché sa di senape.
E’ il peggior nemico del libero professionista, che per caso entra in un locale pubblico frequentato da persone che possono permettersi di ammalarsi per più di due giorni.
Lo fisso. Con la mia visura camerale a guanto protettivo prendo, e butto via la cannuccia.
“amadeus hai la coppola di lana e qui ci sono 43 gradi .Se stai nascondendo le tue malattie bene, altrimenti ti confermo che se la togli il tuo carisma non ci rimette”
Pensa sia un complimento.
Vado verso gli organizzatori. Mi segue con il gintonic in mano. Mi accorgo che è 1.87 e tutto quel tempo io ero su un gradino.
Parlo con tre persone. lui è dietro, beve, abulico, lascia le sue microgoccioline di saliva su cannucce a trasmissione interumana aerogena.
Cerco di raggiungere la parte opposta del locale rimettendoci in salute.
Amadeus è dietro, passa torreggiante tra la ressa acquatica.
Dieci metri.
Dietro.
Venti metri.
Dietro.
Mi giro: scusa, cosa cazzo stai facendo?
Lui: stiamo andando fuori, noo??
Si, certo. Sto andando fuori a limonare.
Sì perché qua dentro non ci sono divanetti liberi, quindi usciamo e ci sediamo sul marciapiede e magari facciamo un salto sulla sua fiesta. Ma cazzo.
Io: “amadeus, io sto cercando i miei colleghi.tu?”
Lui: ma noo dai non chiamarli colleghi, fa brutto dai (ride)
(depressione)
Lo guardo negli occhi e cerco di scandire.
“non sono universitaria, non frequento l’università, non vedi che non ho la coppola??”
Mi osserva, smarrito.
Mette le chiavi della fiesta nei jeans strappati e dice: “ah…(stupito).. peccato…”
Poi scappa via velocemente.
Mi sento soddisfatta. Nonostante probabilmente io abbia 2 anni in più di lui con tre parole posso dimostrarne 45.